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Insensibilità, flamewar e shitstorm ai tempi Social


ctrleffe - 7 Ottobre 2022 - 0 commenti

flamewar e shitstorm

Avete presente la citazione che spesso tendiamo a paraculare che recita: Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre”?

Ecco, oggi la citiamo, non per fare ironia ma per ripetercela come un mantra e come spunto di riflessione e sensibilizzazione.

Ieri sera alla ctrl+f abbiamo appreso la notizia che un nostro giovanissimo collega si è tolto la vita. Questa notizia ci ha turbato moltissimo. Ci ha turbato soprattutto perché con questo ragazzo avevamo avuto un diverbio via social. Una di quelle cosiddette chiacchiere da bar che, se fosse successa vis-à-vis, sarebbe probabilmente finita tarallucci e vino ma che sui social si è trasformata in ban.

Quante discussioni sui social finiscono in questo modo? Quante persone etichettiamo come petulanti, polemiche rompi c*****? I leoni da tastiera sono loro o siamo anche noi?

Flamewar e shitstorm possiamo evitarli?

In un’era virtuale siamo privi di pazienza, empatia. Siamo completamente privi di quella dote di interloquire con l’altra persona senza animare i toni, senza evitare lo scontro. I filosofi lo chiamano argomentare, ma sui social argomentare è facoltà e impresa per pochi.

Lavorando dietro le quinte sappiamo benissimo che spesso dietro un personaggio aggressivo, polemico e “arrabbiato” si nasconde una persona che grida. Grida di essere riconosciuta, ascoltata, capita ma noi non abbiamo tempo. Passiamo oltre, al prossimo post. Oppure ci soffermiamo su quel post ma non per capire, solo per alimentare quella fiammella polemica che poi diventa incontenibile incendio. Anche la nostra copy Eleonora ne ha parlato nel suo blog.

Ci viene in mente una citazione tratta da un libro di Bruno Mastroianni, filosofo e giornalista, ideatore del metodo “La disputa felice” nonché docente di comunicazione che dice:

Nella discussione sui social, la maggior parte delle volte, il livello dell’incomprensione non è tanto nei contenuti in sé ma nelle differenze tra i modi di intendere la realtà degli interlocutori coinvolti.

L’ostilità, insomma, è un conflitto tra mondi che si riversa sulle persone: uno sente nelle affermazioni dell’altro la negazione di qualcosa in cui crede e che ha per lui valore intoccabile. Nelle discussioni accese accade qualcosa di simile a quello che succede nei confronti interreligiosi: quando si dialoga tra fedi, ciascun interlocutore sa bene che esiste una sfera – quella delle credenze della religione dell’altro – che non può essere messa in discussione, pena creare un effetto di mancanza di rispetto; occorre allora tenerla presente per discutere su altri aspetti, come le conseguenze sociali, morali, politiche, di quelle credenze. In tutti i casi di confronto tra visioni del mondo, la sfera delle certezze dell’altro è un punto di partenza da accettare, per trovare un terreno comune e divergere invece sulle scelte concrete.

Dobbiamo quindi ricordarci sempre che dietro quel monitor c’è una persona. Una persona come noi che ha idee e punti di vista differenti. Che magari sta attraversando un brutto momento, che è instabile, sola, frustrata o arrabbiata. Cerchiamo di leggere tra le righe e non perdere quell’umanità, empatia e voglia di interloquire senza bisogno di arrivare al fantomatico scontro. Siate, siamo gentili, sempre! Evitare flamewar e shitstorm si può, si deve.

Un’altra cosa che ci ha scioccate e fatto pensare sono stati gli ultimi post del nostro collega in cui sono ci sono chiari riferimenti al suo malessere e stato d’animo. I post sono stati completamente ignorati. Nonostante i suoi tantissimi follower, nessun commento, nessuna interazione. Insensibilità e impermeabilizzazione totale al problema dell’altro. Vorrà attenzione, avremo pensato.. Impariamo a non ignorare. Torniamo reali anche nel mondo virtuale. Vi ricordiamo che i messaggi inerenti morte e suicidi possono essere segnalati alle autorità competenti e soprattutto al social stesso. Che può intervenire prontamente.

Concludiamo questo post con un pensiero doveroso al nostro collega, ovunque sia ora, che non siamo stati in grado di capire e soprattutto di aiutare. Che il suo gesto possa ricordarci sempre che dobbiamo saper ascoltare l’altro, senza bannarlo, ignorarlo, aggredirlo.  

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