In questi giorni mi sono imbattuta in un articolo molto interessante su Il Sole 24Ore. Nell’articolo si parlava del marketing sotto stress a causa dell’aumento dei prezzi e dei vari escamotage adottati da diversi brand nel mercato Americano.
L’aumento dei costi delle materie prime e dei costi energetici sta costringendo moltissime imprese e brand a correre ai ripari per giustificare costi più elevati e scongiurare la perdita di clientela. L’iniziativa più assurda, a mio parere, arriva da Amazon. Per promuovere la ormai richiestissima webcam esterna di sorveglianza che si attiva al suono del campanello, sta cavalcando l’onda di manie di protagonismo da tiktoker e influencer.
I famosissimi 15 minuti di celebrità profetizzati da Warhol nel marzo del 1968, sono ormai la quotidianità e lo saranno ancora di più con l’acquisto di questa webcam. Persino il postino che consegna una raccomandata avrà la possibilità di comparire nel nuovo format Amazon Prime Video Ring Nation. La trasmissione che manderà in onda corrieri, postini, idraulici, parenti, che suonano alla porta, selezionando le sequenze più comiche e divertenti. In barba a qualsiasi legge e tutela della privacy. Suonate il campanello ma occhio a non infilarvi le dita nel naso o sistemarvi il pacco e non mi riferisco a quello in consegna!
Strategie di marketing contro l’inflazione e shrinkflation
Stesso prezzo ma meno prodotto. Ecco cos’è lo shrinkflation. Questo termine anglosassone entra ormai nella ridefinizione di consumatori. “I prezzi aumentano, si registra minor fiducia da parte dei consumatori e maggior ricerca di convenienza.“ ad affermarlo ed evidenziarlo è anche Alanna Petroff, Editor-in-Chief di Think with Goggle.
Il termine shrinkflation è composto dal verbo to shrink che significa restringere e dal termine inflation che significa inflazione. Viene usato per definire l’escamotage quasi impercettibile sugli scafali, di mantenere il prezzo invariato offrendo meno quantità di prodotto: consumatore allocco!
Lo shrinkflation era già stato adottato da Toblerone qualche anno fa, per far fronte all’aumento del prezzo del cacao. Ora anche Cadbury sta adottando lo stesso stratagemma: stesso prezzo ma riduzione del 10% della dimensione delle barrette Dairy Milk.
Moltissime ricerche hanno promosso questo escamotage, segnalando una sensibilità maggiore del consumatore verso il prezzo rispetto alla quantità. Anche se negli ultimi tempi moltissimi tiktoker parlano di shrinkflation e ne segnalano la frode sul noto social cinese, con conseguente perdita di fiducia nel brand da parte dei consumatori.
Effetto zeta
Mentre i brand si scervellano a cercare nuove soluzioni di marketing e modi per risparmiare sulla produzione, il centro studi Morning Consultant mette nero su bianco la reazione dei consumatori sul mercato USA. La lente di ingrandimento punta prevalentemente sulla Generazione Z (33%) e la tendenza per metà degli intervistati a prediligere prodotti e soluzioni più economiche rispetto a grandi marchi più costosi.
Il così detto Effetto Zeta e la scelta di questa fascia di consumatori va a incidere più delle altre, sulle abitudini di consumo delle famiglie.
Prendendo atto dei massicci debiti accumulati da chi li ha preceduti, la Gen Z comincia a introdursi nel terreno impervio delle proprie finanze e di tutto ciò che esse comportano, in termini di preoccupazioni, quali debiti, redditi e pianificazione finanziaria, avendo in mente una sola cosa: risparmiare.
La popolarità aiuta?
Essere popolari lo sappiamo ha sempre aiutato e ne sa qualcosa la nota catena Starbucks, che in barba ai rincari si è potuta permettere nell’ultimo anno un aumento di circa il 5%, senza però registrare alcuna perdita di domanda da parte dei consumatori.
Il CEO ad interim Howard Schultz ha affermato: “L’inflazione e le bollette della spesa in crescita non impediscono ai clienti di bere latte macchiato e caffè espresso. Al momento non stiamo vedendo alcuna riduzione misurabile della spesa o alcuna prova di calo dei clienti”. Beati loro, affermerà qualcuno.
Molto probabilmente il merito non va tanto ai prodotti o al brand, ma alla notevole popolarità di Starbucks, uno status symbol tra gli zoomer instagrammer. vuoi mettere una foto davanti all’Empire con una Starbucks cup?
Comportamenti responsabili e sostenibilità come modello di business
Se non si è popolari quanto Starbucks si può sempre puntare sulla sostenibilità e sui comportamenti responsabili. A rimarcarlo è Stefania Romenti, professoressa associata all’Università Iulm: “Quando la congiuntura economica porta a un aumento dei costi di produzione, le imprese devono cercare di contenerli mettendo in atto prima di tutto comportamenti responsabili. Agire sull’efficientamento dei processi produttivi e su un modello di business sostenibile aiuta le imprese a contenere gli effetti dirompenti della fase storica attuale”.
Nelle affermazioni della Romenti si parla anche di come sia ovvio che la riduzione dei costi non possa avvenire all’infinito ma di come sia fondamentale che un brand faccia sapere al consumatore che ce l’ha messa tutta e ha fatto i possibile per non aumentare i prezzi, rimanendo fedele alla propria purpose. Insomma chi sta e ha puntato e preso sul serio la sostenibilità, si sta mantenendo a galla e ha una marcia in più rispetto a chi non lo ha fatto.
In conclusione i brand dovrebbero imparare ad aggiornare costantemente la propria narrazione, restando comunque fedeli ai propri valori.
Isaac Asimov disse: “Per avere successo non è sufficiente prevedere. Dobbiamo imparare a improvvisare.”