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Manuale di sopravvivenza UX: come evitare il contenuti cringe


Roberta Soru - 16 Maggio 2025 - 0 commenti

Meme sui contenuti cringe che raffigura una mano in stile cartone animato, simile a quella dei personaggi dei Simpson, sta per premere un grande pulsante rosso con la scritta "cringe".

Se stai leggendo questo articolo con la tua tazza “Don’t talk to me until I’ve had my coffee”, sei nel posto giusto. Siamo tra pari. Ma è ora di fare un po’ di autocritica digitale: perché quelli che per noi sono “contenuti autentici”, per la Gen Z sono semplicemente… contenuti cringe.

Cos’è il “cringe”, esattamente?

Per la Gen Z, il cringe non è solo qualcosa di imbarazzante. È tutto ciò che suona forzato, fuori contesto, troppo autocelebrativo o goffamente empatico.
È quel contenuto che cerca disperatamente di connettersi… e fallisce.

Hai bisogno di esempi? Eccoli serviti:

  • Video motivazionali recitati con l’enfasi di un discorso da Oscar.
  • Storytelling aziendali che sembrano monologhi teatrali.
  • Meme fuori tempo massimo, che gridano “ho appena scoperto Tumblr”.

Il caso Caroline Brody (e cosa ci insegna) sui contenuti cringe

L’influencer americana Caroline Brody è diventata virale per i suoi video ultra-positivi e performativi.
Non perché sia “sbagliata” in sé, ma perché rappresenta uno stile e un tono che, per molti utenti Gen Z, risultano disconnessi dalla realtà. E soprattutto: poco autentici.

Cosa c’entra tutto questo con la UX?

Tutto.

Tono, linguaggio, estetica: sono parte integrante dell’esperienza utente (UX).
Un sito può essere perfetto a livello tecnico. Ma se comunica in modo paternalistico, goffo o artificiale… game over.

Cringe non è un’estetica. È una frattura nell’esperienza. È un errore di UX.

Quando non parli la lingua del tuo pubblico, stai rompendo un patto di fiducia. Non stai progettando per loro, ma per te stesso.

Gen Z: cosa si aspettano da contenuti e interfacce?

La Gen Z è nata e cresciuta con internet, ma è immune ai trucchi del marketing “vecchia scuola”.
Cerca esperienze:

  • Sincere, immediate, anche imperfette
  • Visivamente pulite, ma non patinate
  • Ironiche, spesso autoironiche
  • Con messaggi chiari e veloci, mai invasivi

Apprezzano quando un brand “ci prova”, ma odiano quando sembra che si sforzi troppo.
E spoiler: la loro attenzione dura pochi secondi. O colpisci al primo scroll o sei fuori.

Come evitare contenuti cringe nel design se sei un Millennial?

1. Non performare l’autenticità

Sii autentico, punto.
Lascia perdere i copy stile “ciao community” se non li useresti mai nella vita vera.
L’autenticità non si scrive, si sente. E la Gen Z la fiuta.

2. Fai user research. Anche culturale

Non basta sapere cosa piace visivamente.
Serve capire come parla il tuo pubblico, cosa trova interessante, cosa evita.
TikTok non è Instagram. LinkedIn non è il tuo blog del 2010. Agisci di conseguenza.

3. Semplifica. Togli, non aggiungere

Design e contenuti devono essere essenziali.
La Gen Z non ha paura del silenzio visivo. Anzi, lo apprezza.

4. Evita lo “UXsplaining”

Spiegare troppo. Usare un tono condiscendente. Voler essere “di supporto” a tutti i costi.
Risultato? Sembri una presentazione PowerPoint motivazionale.
Evita.

5. Ascolta. Ma davvero

Leggi i commenti. Osserva come interagiscono con i contenuti.
Non dare per scontato nulla. L’ascolto è il vero superpotere UX.

Il cringe non è uno stile: è una disconnessione

Essere Millennial oggi nella UX o nel marketing è come camminare sul filo.
Abbiamo strumenti solidi, ma dobbiamo aggiornare il nostro linguaggio.
Non per “fare i giovani”, ma per comprendere i nuovi codici culturali che stanno emergendo.

Il futuro della UX non sta solo nei wireframe.
Sta nelle parole che scegliamo, nei silenzi che lasciamo, nei gesti che facciamo (o evitiamo) per accompagnare l’utente.

E se ti senti un po’ spaesat*, ricordati: anche noi abbiamo detto “LOL” ad alta voce. Nessuno è innocente.

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